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Il protiro della Parrocchiale

Albese con Cassano, sabato 3 ottobre 2009 

"Cos'è un pròtiro?". Beh, come da qualche giorno la stragrande maggioranza degli albesini ha avuto modo di scoprire, un "pròtiro" è un piccolo portico addossato alla facciata di una chiesa o di una basilica.

Piccolo, però, è un aggettivo che mal s'intona con l'opera di cui stiamo parlando. Se è vero che al cospetto della nostra imponente Parrocchiale, il pròtiro appare di dimensioni ridotte, grande, anzi "infinito", è il valore che questo oggetto racchiude in ogni sua porzione.

Immensa è la passione, che il "popolo della porta" ha profuso per la sua realizzazione. Tantissime le giornate e le notti, intrise di entusiasmi e assili, che un manipolo di visionari ha dedicato ad un sogno.

Raffaele Beretta, pittore, scultore, architetto albesino, ha assolto, ancora una volta, alla funzione di catalizzatore della devozione e della folle saggezza del "popolo della porta", un gruppo eterogeneo di uomini e donne che non si rassegnano alla volgare monotonia del nostro tempo, un tempo che pretende omologazione e dedizione a passioni caduche.

Concepito nei primi mesi estivi, il pròtiro ha visto la luce in tempi "impossibili" grazie allo spirito e alla fede di gente consapevole che non stava semplicemente "spaccando delle pietre", ma "costruendo una cattedrale".

In questa pagina non trovate foto dell'opera finita. Non è un'involontaria omissione. Se volete vedere il pròtiro far bella mostra di se, attaccato alla chiesa di Santa Margherita, andateci di persona e fate li i vostri commenti. Qui troverete solo i volti e i gesti di alcune persone che hanno condiviso un sogno e che hanno lavorato per materializzarlo.

Amen.

Valerio Ciceri

 

Processione

Incisione dei testi

Il tetto: tentativo di sollevamento

Preparazione dei calchi delle statue

Fasi di assembaggio

 

 

 


Il saluto del Popolo della Porta


Caro don Piero Antonio,

come avrà certamente saputo, la nostra gente, da secoli, è abituata a celebrare le sue feste con l’innalzare archi di trionfo in muschio, che comunemente vengono chiamate “Porte”.

Con lo scorrere degli anni e costatata l’attuale smania ecologista, l’uso del muschio avrebbe trasformato noi, Popolo della Porta, in fuorilegge.

Per questo si è pensato di attualizzare la nostra congenita immaginazione e di porre mano a qualcosa di meno rischioso e, nel contempo, meno effimero, facendo ricorso a nuovi materiali, a tecnologie più avanzate, prendendo pienamente coscienza di essere sia gli eredi della fiera tradizione contadina, ma anche i discendenti di intere generazioni di costruttori.
Abbiamo dunque immaginato una sorta di protiro che si protendesse ad accogliere il nuovo venuto, avvolgendolo della riconoscenza preventiva che Le spetta per essere Lei l’ultimo anello di una lunga catena di Ministri del culto, che ha il suo avvio molto lontano nel tempo.

Il Protiro si fonda su un saldo apparato simbolico, pure esso collaudato per secoli e tramite questo articola il suo augurio.
L’inscrizione fondamentale, posta a ridosso della volta interna del protiro, tratta dal versetto 10,9 del Vangelo di Giovanni, è proposta sia in latino che in italiano e di riferisce al Cristo. Recita: “Io sono la porta; chi entrerà per me sarà salvo, ed entrerà, ed uscirà e troverà pastura.

Sulla parete esterna del protiro, sul versante occidentale, abbiamo voluto ricordare e rendere omaggio, con un’iscrizione in latino, i sacerdoti che dal 1500 fino ad oggi si sono succeduti alla conduzione spirituale del nostro popolo e che da oggi vede Lei quale continuatore di questo lungo percorso.

Il Testo che, come da nostro costume, traduciamo alla buona, recita: “Fatta debita memoria dei precedenti ministri (di seguito elencati in ordine cronologico a partire dal 1500), oggi i fedeli tutti accolgono te con gioia, O Piero Antonio, che qui giungi a svolgere il tuo ministero con impegno e passione”.

Sul versante orientale dell’edificio abbiamo invece posto una inscrizione in “volgare” che vuole rendere onore hai nostri antenati, ma anche agli immaginifici precursori, col definirci “Popolo della Porta”, facendoci, anche se forse poco degni, “Imitatori di Cristo” che dice di sé di essere la Porta, nella speranza di divenire il “Popolo che Lui ha redento”.
L’inscrizione recita: “Fatta debita memoria degli uomini e delle donne che lungo i secoli hanno contribuito all’edificazione della Chiesa, il Popolo della Porta eleva questo protiro, quale segno di benvenuto al nuovo ministro e di gratitudine al Cristo che, con il suo esempio, ha reso praticabile la via della salvazione (segue elenco dei costruttori indicati con i nomi che siamo soliti usare nel chiamarci fra noi).
L’apparato iconografico si completa in facciata con un coronamento costituito da tre busti di santi, collegati fra loro da due serie di gattoni ascendenti.

Il primo a sinistra, per chi guarda la facciata, rappresenta San Pietro, non nella sua consueta forma di primo Papa della Chiesa, ma di colui che sarà condotto dove non vorrebbe essere condotto.

La prima a destra è riferita a Sant’Antonio da Padova, francescano, amante del Sacro Cuore del Cristo fanciullo. Queste due rappresentazioni di Pietro ed Antonio vogliono essere un augurio al nostro Parroco affinchè  si giovi delle caratteristiche migliori dei due padri raffigurati.

Il terzo busto rappresenta Ambrogio, patrono della nostra diocesi, oltre che la funzione legale ed amministrativa che la Chiesa ha svolto, provvidenzialmente, per secoli e la perdurante forma organizzativa della struttura ecclesiastica.

Infine più in basso, proprio sopra all’arco d’ingresso, sta un bimbo, con una iscrizione retta da due angeli, che recita: “Chiunque si farà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli”.

Ed è l’augurio che i costruttori fanno a se stessi ed al loro prossimo ed a Lei, nostro nuovo pastore, quello di attraversare assieme la prova dell’esistenza, con l’innocenza sapiente di un eterno fanciullo.

Il Popolo della Porta
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