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Commissione liturgica decanale: due serate sulla liturgia

Erba, 10 e 17 novembre 2015

Il decanato di Erba ha organizzato due serate sulla liturgia, aperte a tutti coloro che sono chiamati all’animazione nei diversi ambiti celebrativi e a chi desidera iniziare un servizio. Il Cardinale Scola richiama infatti, nella sua lettera pastorale per il biennio 2015-2017 “Educarsi al pensiero di Cristo” la liturgia quale «ambito privilegiato per l’educazione al pensiero di Cristo».

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Nell’introduzione delle serate, il decano don Isidoro Crepaldi (presente nella nostra parrocchia lo scorso 4 ottobre, domenica di inaugurazione dell’oratorio) ha sottolineato che l’intenzione era quella di fornire delle occasioni di aggiornamento e formazione anche in occasione del rinnovo dei consigli pastorali. Nel 2016, a completamento di questi primi due incontri, saranno proposte altre serate più specifiche dedicate ai vari ministeri: lettori, cantori, strumentisti, ministri dell’eucaristia, chierichetti…

 

Il primo incontro ha avuto come tema: “Eucaristia, dal precetto al dono; il fondamento della vita cristiana”. Relatore don Norberto Valli, docente di liturgia al seminario di Venegono. Partendo dal significato profondo del termine festa, presente già in epoca precristiana, inteso non solo come giorno di riposo ma anche occasione “per ricevere luce e forza per una vita retta” (Platone), Don Norberto ha poi citato le parole di Benedetto XVI, che definiva la festa cristiana una giornata di “autorizzazione alla gioia”. Una gioia che nasce dalla consapevolezza che la più grande paura dell’uomo, ovvero la morte, è stata vinta da Cristo. Con questa gioia, i primi cristiani si incontravano a fare memoria di quella Pasqua che è il superamento della morte. «Fate questo in memoria di me»: con queste parole, dal Vangelo di Luca (22,19-20), Gesù istituisce il sacramento dell’eucaristia. Da queste premesse, risulta chiaro come la partecipazione alla S. Messa non può essere vissuta dal cristiano come un obbligo o un dovere imposto da un precetto, ma come un vero e proprio dono.

Nei documenti della chiesa (Sacrosantum Concilium) si fa poi ben presente l’aspetto comunitario della celebrazione: è Cristo che ci riunisce, tutti insieme a formare un solo corpo. Purtroppo, incalza Don Norberto, quanta tiepidezza a volte nelle nostre assemblee: a partire dalla poca accoglienza, che non deve essere formale ma calorosamente umana, alla scelta del posto dove sedersi, se possibile ben distante da quello che dovrebbe essere un mio fratello o sorella nella fede. Eppure, nella preghiera eucaristica, chiediamo di essere riuniti in un solo corpo!

La dimensione rituale ha la sua importanza perché il cristiano non può dire “ci credo” se non si collega al valore del sacramento: Gesù ci ha lasciato un insegnamento concreto, quel “fate questo” che presuppone un’azione. Diversamente, il cristianesimo (e le nostre liturgie) non tocca realmente la vita e diventa solo una bella filosofia. Serve quindi un coinvolgimento non solo liturgico ma anche umano.

La “grande sfida” oggi, conclude Don Norberto, è allora quella di ritrovare la forte convinzione che la domenica è occasione di vera festa e di vera gioia! La chiesa, nel corso dei secoli, ha dovuto ricorrere al richiamo nei confronti dei fedeli per contrastare una crescente tiepidezza del popolo di Dio, che nei primi secoli, al contrario, andava incontro al martirio pur di non perdere l’incontro con Cristo: “senza la domenica non possiamo vivere”! Oggi è tempo di recuperare la dimensione del dono.

Nello spazio finale riservato alle domande, affrontando il tema del lavoro domenicale, fenomeno oggi in aumento, Don Norberto ha espresso il parere che, in concreto e se necessario, le parrocchie sono chiamate anche a rivedere gli orari delle celebrazioni, se questo serve ad andare incontro alle esigenze dei fedeli. I quali devono però, a loro volta, rendersi protagonisti delle proprie scelte di fede: “se decido di andare in vacanza a Dubai – ha provocato il relatore – e quindi non ho occasione di partecipare alla S. Messa, non sto facendo una scelta cristiana!”

 

Secondo incontro: “I ministeri liturgici: la sinfonia celebrativa”, con don Claudio Fontana, Maestro delle cerimonie del Duomo.

La riforma liturgica del Concilio Vaticano II° ha portato alla suddivisione di un unico libro liturgico (Breviarium) nei quattro libri attualmente utilizzati nelle celebrazioni: Il Messale (che contiene le orazioni di colui che presiede la celebrazione), il Lezionario (Liturgia della Parola), L’Evangeliario (i Vangeli) e L’Antifonale (I Canti). Già questa scelta ci parla di una ricchezza di ministeri ecclesiali e liturgici, che la chiesa ha voluto recuperare.

Il termine Ministero significa “servizio”, ed ha la sua radice nel farsi servo da parte di Gesù, come più volte nei Vangeli è dichiarato, anche in contrapposizione alla tentazione di esercitare un potere tramite questo ruolo: «chi è il più grande tra di voi diventi il più piccolo e chi governa come colui che serve» (Lc 22, 24-28). Gesù si è fatto servo; così deve essere anche il suo discepolo a cominciare da coloro che Gesù sceglie e prende a servizio del suo popolo: è questo il ministero cosiddetto “ordinato”, conferito tramite il sacramento dell’ordine nel triplice grado sacerdotale di vescovo, presbitero, diacono.

Il popolo di Dio che Gesù convoca a sé ogni domenica è tuttavia composto per la maggioranza da fedeli laici, nei quali risiede una specifica ministerialità, che ogni uomo o donna possiede in forza del battesimo. Il sacerdozio ministeriale si pone quindi a servizio di questo sacerdozio battesimale di tutti quanti i fedeli.

I fedeli a loro volta “non rifiutino di servire con gioia il popolo di Dio, ogni volta che sono pregati di prestare qualche ministero o compito nella celebrazione”, come prescritto dal Messale, che elenca ben quindici ministeri (alcuni necessari, altri utili) per una buona celebrazione, specificandone anche i contenuti: Vescovo, Presbitero, Diacono, Accolito, Lettore, Commentatore, Salmista, Cantore o maestro di coro, Coro-organista-musicisti, Ministranti (chierichetti), Ministri straordinari della comunione, Cerimoniere, Sacrista, Addetti alle offerte, Addetti all’accoglienza.

Don Claudio sottolinea come i laici possono mettersi a disposizione della chiesa con cuore, fantasia, intelligenza e passione; evitando così protagonismi e gelosie, ma al contrario essendo sempre disposti con umiltà a condividere il dono ricevuto. Ciò significa, nel concreto della realtà delle nostre parrocchie, lavorare insieme preparando con cura e per tempo le celebrazioni. In questo modo si attua la “sinfonia celebrativa” (sin-fonia = suonare insieme).

Il Sinodo diocesano 47° , tuttora in vigore, afferma: “all’assemblea liturgica, ciascuno è convocato con i propri doni e carismi. Ogni comunità provveda a dotarsi di tutti quei ministeri di cui ha bisogno per la sua missione” (n. 54).

Per concludere, i ministeri non sono qualcosa di esclusivo. Tutti siamo utili ma nessuno indispensabile. Il segreto per rimanere consapevoli di questo, è che ognuno possa avere una persona che, in caso di assenza, lo possa tranquillamente sostituire. Questo stile favorirà anche il coinvolgimento e il mettersi a servizio di altre persone.

Cosimo Schirò

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